Agorà IRC
ANNO I - N. 2 - dicembre 2020 - www.agorairc.it
RIVISTA ON-LINE DEI DOCENTI DI RELIGIONE CATTOLICA
I sincacati sono i promotori della giustizia sociale, per i diritti degli uomini del lavoro, nelle loro specifiche professioni. La lotta per i diritti è un normale adoperarsi per il giusto bene; non è una lotta contro gli altri(cfr. Giovanni Paolo II Laborem Exercens, 20)
I sindacati sono promotori della lotta per la giustizia sociale!
L’inclusione si manifesta nello spalancare le braccia per accogliere senza escludere
Papa Francesco
UNA SCUOLA INCLUSIVA
IN COLLABORAZIONE CON


EDITORIALE di G. Favilla Una scuola inclusiva
02
08
STORIA DELLA SCUOLA cura di P. NascentiIl debito simbolico: storia di una (mancata) inclusione.
VITA SINDACALEL'attivitè sindacale e le comunicazioni
13
IN QUESTO NUMERO
______________
Anno I - n. 2 - dicembre 2020 Pubblicato su www.magglance.com/uilscuolairc
DIRETTORE Giuseppe FavillaVICE DIRETTORE Giuseppe EspositoREDAZIONEPaolo Bellintani Monica Bergamaschi Diletta De LaurentiisGiuseppe Esposito Linda Di Cesare Giuseppe Favilla Marcello GiulianoPasquale NascentiAndrea Robert
GFEDITING2020
05
LA SEMANTICA di D. De LaurentisInclusività, di cosa stiamo parlando?


EDITORIALE
______________
UNA SCUOLA INCLUSIVAdi Giuseppe Favilla
APPROFONDIMENTO a cura di M. Bergamaschi.Scuola in ospedale. Esperienza di due docenti
APPROFONDIMENO a cura di M. GiulianoParole poche ed usurate. La parole del docente  e dell'uomo per non perdere la coralità.
SCUOLA E TERRITORIO a cura di G. EspositoIl ruolo dell'Assistente educatore nelle ore di IRC,
15
19
26
Parlare di inclusività non è semplice, l’argomento sembra inflazionato, forse anche abusato… basti pensare alla distorta interpretazione che se ne è fatta nell’ultimo CCNI circa la didattica digitale integrata (o a distanza), ma ciò che a noi interessa, in questo numero di Agorà IRC, sono i princìpi fondativi della normativa riguardante l’inclusione, che mettono al centro dell’azione educativa tutta la Comunità Educante, così come è auspicato dallo stesso CCNL 2016-18 all’art. 24. Tenendo conto di questa necessaria premessa, lo sviluppo che tenteremo di porre in essere è  quello di individuare gli orizzonti culturali, educativi e progettuali, che inseriscono l’IRC in un percorso di inclusione delle bambine e dei bambini, delle alunne e degli  alunni,  delle studentesse e degli studenti.   Una domanda fondamentale nasce spontanea: quanto l'IRC e il docente di religione cattolica, attraverso l’azione didattica, possono contribuire al processo di inclusività?
continua a pagina 3 e 4
2
SCUOLA E TERRITORIO a cura di A. Robert.Esperienze inclusive. Disabiltà e IRC.
23


modamento ragionevole, nella prospettiva della migliore qualita' di vita”. Il paradigma posto in essere, dunque, è di fondamentale importanza: una migliore qualità della vita. Con questa affermazione si vogliono porre le basi di un modello strutturato ed efficiente per il benessere globale della persona. Un obiettivo che non ci lascia estranei né come uomini, né come credenti, né come educatori. Il principio etico bonum facere è di fondamentale importanza anche nell’azione educativa, coniugata in tutti i suoi aspetti didattico disciplinari, rivolta alle studentesse e agli studenti con bisogni educativi speciali. Da qui la necessità di tenere conto del vissuto e delle relazioni all’interno del tessuto sociale nell’orizzonte del successo formativo e la consapevolezza che l’IRC non possa rimanere fuori da questo processo. L’’insegnamento di RC non può essere escluso dai vari Piani Personalizzati, come dagli interventi educativi individuali o didattici o formativi. Il curriculo delle scuole deve tener conto anche dell’aspetto culturale che attraverso la religione è diventato di fondamentale importanza nei processi di inclusione. L’IRC, attraverso i propri obiettivi specifici di apprendimento, favorisce, in ogni grado e ordine di scuola, il processo di  crescita globale della persona. Partendo dalla Scuola dell’Infanzia e dai campi di esperienza,  propri di questo grado di  istruzione, immediatamente notiamo come il processo di inclusività diventa evidente e sostanziale nel corpo in movimento: il bambino riconosce nei segni del corpo l’esperienza re-
EDITORIALEL’art. 1 commi 1-2 del Dlgs 66 del 13/04/2017 interamente recepito nel successivo Dlgs 96 del 07/08/2019, individua i destinatari e delinea l’intento della normativa che deve tener conto di molti fattori determinanti nel processo di crescita di quelle future generazioni che necessitano di maggiore attenzione  e accudimento. Innanzitutto è da sottolineare che il legislatore definisce l’inclusione  quale “risposta ai differenti bisogni  educativi” che, precisa, “si realizza attraverso strategie educative e didattiche finalizzate allo sviluppo  delle  potenzialita'  di ciascuno  nel rispetto  del diritto all'autodeterminazione e all'acco-
3


4
ligiosa, la propria interiorità, l’immaginazione e le emozioni. Dunque l’IRC in questo grado diventa fondamentale nel processo formativo dei  bambini e delle bambine con BES. Fare leva sull’esperienza religiosa; puntare sulla immaginazione e sulle emozioni favorisce immediatamente il dialogo con i pari e porta i bambini contestualmente a manifestare quei “bisogni” di cui prendersi cura. Nella Scuola Primaria il processo di inclusione passa attraverso la  trasversalità dei saperi: l’insegnamento della religione cattolica si colloca nell’area linguistico-artistico-espressiva in cui, a partire dal confronto interculturale e interreligioso, l’alunno si interroga sulla propria identità e sugli orizzonti di senso verso cui può aprirsi… Il confronto con l’altro,  l’aprirsi al dialogo pongono l’IRC come strumento essenziale per il processo di integrazione delle alunne e degli alunni stranieri, per esempio. Il confronto con le altre religioni e la ricerca della propria identità è di fondamentale importanza e si pone nell’ottica del miglioramento della qualità della vita delle bambine e dei bambini. Nella secondaria di primo grado il punto focale, ancora una volta,  potrebbe essere individuato nel richiamo alle domande di senso e  al vissuto o all’esperienza religiosa personale e collettiva ma anche nell’obiettivo in uscita (terzo anno), cioè a dire, il saper interagire con persone di religione differente, sviluppando un’identità capace di accoglienza, confronto e dialogo. Dunque la capacità di accoglienza, di confronto e  di dialogo, in un continuo sinergico intreccio con le domande di senso, pongono l’IRC nella secondaria di primo grado come interlocutore importante nel processo di inclusione. Nel secondo ciclo di Istruzione l’IRC assume caratteristiche diverse  a seconda della tipologia di Istituto. In questo grado di istruzione molteplici sono gli obiettivi utili al fine di sviluppare un percorso di formazione globale e il successo formativo degli alunni con BES. A titolo esemplificativo è possibile considerare un obiettivo  trasversalmente presente in tutte le tipologie di istituto: “l’alunno riconosce il valore etico della vita umana come la dignità della persona, la libertà di coscienza, la responsabilità verso se stessi, gli altri e il mondo, aprendosi alla ricerca della verità e di un'autentica giustizia sociale e all'impegno per il bene comune e la promozione della pace”. Il confronto sereno, la giustizia sociale, la promozione della pace in un’ottica di dialogo costante con l’altro  favoriscono la crescita globale e diventano essenziali per una migliore qualità della vita degli alunni e delle alunne con BES. A conclusione di questa lunga riflessione è utile considerare che, coinvolti nell’azione educativa, oltre agli alunni e alle alunne con BES, che devono comunque essere al centro dell’attenzione, sono anche i docenti, e nel caso specifico, i docenti di Religione Cattolica. La professionalità maturata attraverso la pluriennale esperienza, di cui è data ampia testimonianza su tutto il territorio na-
Continua a pagina 13


LA SEMANTICA
Inclusività di cosa stiamo parlando?
5


Che cosa si intende per inclusività? I dizionari indicano il sostantivo come “tendenza ad estendere a quanti più soggetti possibili il godimento di un diritto o la partecipazione ad un sistema, ad una attività”. Ed è forse solo partendo dal significato letterale della parola che si può riuscire a capire appieno l’importanza di quella che è poi un’azione bellissima, e traslarla in ambito didattico/educativo. Nell’insegnamento la didattica inclusiva è una nuova modalità istruttiva valida per tutte le fasce di età ed i diversi ordini di scuola, che non sta più ad indicare, come spesso avveniva in passato, una corsia d’accesso per alunni con bisogni educativi speciali o disabilità, ma un nuovo modus operandi che può aiutare l’insegnante a valorizzare e rispettare le naturali diversità individuali presenti in tutti gli allievi, ancor più tra le generazioni dei cosiddetti “nativi digitali” ovvero quelle generazioni abituate, fin dalla tenera età, ad utilizzare dispostivi elettronici che hanno la deleteria tendenza all’isolamento. La didattica inclusiva può così diventare uno strumento di particolare efficacia nelle situazioni, sempre più frequenti, dove differenze caratteriali, sociali e di acquisizione di conoscenza, assieme ad eventuali tendenze all’individualità, possono porsi come barriere all’apprendimento, alla partecipazione e alla socialità. Per comprendere la didattica inclusiva e riuscire ad utilizzarla bisogna innanzitutto sapere che poggia su quattro fondamentali pilastri che, oltre a definirla,  indicano chiaramente l’intento dell’azione: collaborazione, progettazione, efficacia, emotività relazionale. Fondamentale principio dell’inclusività, e quindi primo importante pilastro di tale metodologia didattica, è dunque la collaborazione: solo in presenza di una grande partecipazione è possibile raggiungere tale obiettivo. La scuola inclusiva deve essere una comunità dove tutti, dirigenti, insegnanti, allievi, personale scolastico, famiglie, enti locali, servizi, diventano potenziali agenti di reali cambiamenti culturali, metodologici, didattici, organizzativi e strutturali. La collaborazione tra tutte queste figure e tra i differenti sistemi si fonda proprio sulla capacità sinergica a saper accogliere e valorizzare le differenze individuali e ciò può essere reso possibile grazie ad una accurata progettazione, secondo importante pilastro di una didattica inclusivista. Questo tipo di didattica si presenta come pensata, addirittura tagliata su misura, sulle varie individualità, nonché calibrata sulle differenti abilità in modo da rendere l’insegnamento fruibile a tutti, proprio perché ogni alunno affronta il cammino dell’apprendimento in modo diverso, soggettivo. Ciò spinge inevitabilmente gli insegnanti ad una ricerca continua di strategie efficaci (eccoci così giungere al terzo elemento irrinunciabile di tale didattica), che, tenendo conto delle peculiarità della classe, riescano a rendere l’apprendimento fruttuoso, vantaggioso, significativo e proficuo. Ingrediente fondamentale per raggiungere questo obiettivo, è la vicinanza emotiva che  l'insegnante deve stabilire con i propri 
di DILETTA DE LAURENTIS docente nella scuola dell'Infanzia
6


allievi: la capacità di dare e restituire feedback appropriati ai propri studenti, e quindi il rendersi emotivamente vicini, prossimi, è il quarto elemento imprescindibile per riuscire ad impostare una didattica inclusiva degna di questo nome. Sono numerose infatti le ricerche e gli studi che confermano come un clima sereno all’interno del gruppo classe sia fondamentale per rendere l’apprendimento non solo efficace, quanto soprattutto motivante e stimolante. È chiaro, arrivati a questo punto, come una didattica inclusiva sia la giusta chiave per riuscire nel fronteggiare, partendo dall’educazione didattica e dalla scuola, una società sempre più individualista. È così che l’IRC nella scuola, specialmente nella scuola dell’infanzia può, ancor più di ogni altra materia, riuscire nella realizzazione di un’educazione integrata che coltivi testa, cuore e mani dei propri alunni. L’integrazione armonica dei diversi saperi aiuterà l’alunno a costruire la propria personalità e la propria emotività. Una didattica di integrazione passa dall’assunto che l’educazione non significa soltanto impartire conoscenze, ma anche coinvolgere e parlare all’emotività dei propri studenti, alle loro fragilità, ai loro timori, rispettando e valorizzando le varie diversità. Ogni alunno, in virtù della sua singolarità, possiede un sentire ed un modo di esprimersi prettamente personale e la scuola deve riuscir ad essere al servizio di questa singolarità. Ogni alunno porta con sé un bagaglio, un proprio vissuto, una propria storia esperienziale. Compito di ogni insegante, e soprattutto di un insegnate IRC, è quello di aver cura di quel bagaglio.
7
Decreto legislativo 13 aprile 2017 n. 66Art. 1
1. L'inclusione scolastica:     a) riguarda le bambine e i bambini, le alunne e  gli  alunni,  le studentesse e gli studenti, risponde ai differenti bisogni  educativi e si realizza attraverso strategie educative e didattiche finalizzate allo sviluppo  delle  potenzialita'  di  ciascuno  nel  rispetto  del diritto all'autodeterminazione e all'accomodamento ragionevole, nella prospettiva della migliore qualita' di vita;     b) si realizza nell'identita' culturale, educativa,  progettuale, nell'organizzazione e nel curricolo  delle  istituzioni  scolastiche, nonche' attraverso la definizione e  la  condivisione  del  progetto individuale  fra  scuole,  famiglie  e  altri  soggetti,  pubblici  e privati, operanti sul territorio;     c) e' impegno fondamentale di tutte le componenti della comunita' scolastica  le   quali,   nell'ambito   degli   specifici   ruoli   e responsabilita', concorrono ad assicurare il successo formativo delle bambine e dei bambini, delle alunne e degli alunni, delle studentesse e degli studenti.   2. Il presente decreto promuove la partecipazione  della  famiglia, nonche' delle associazioni di riferimento,  quali  interlocutori  dei processi di inclusione scolastica e sociale.


8
STORIA DELLA SCUOLA
IL DEBITO SIMBOLICO:
STORIA DELLA (MANCATA) INCLUSIONE


9
di PASQUALE NASCENTI docente nella scuola primaria
L’atteggiamento negativo che la storia e la società hanno avuto nei confronti delle persone disabili non è mai stato riscattato del tutto e, forse, non lo sarà mai completamente. Il debito, soprattutto simbolico, che si è creato affonda le sue radici nel passato, continuamente sostenuto da pregiudizi che ne hanno alimentato la persistenza. Il mondo antico, ossessionato dalla filosofia del corpo perfetto e militante, ha generalmente riservato alle persone affette da qualche forma di disabilità il destino più tragico. Tale sommaria affermazione va necessariamente confrontata, attraverso maggiori approfondimenti storici, con le microstorie della vita quotidiana che potrebbero restituirci nuovi e differenti esempi; non va dimenticato che molte divinità greco-romane erano zoppe, cieche e deformi. Unica eccezione di una comune visione negativa ci viene dall’antico Egitto, le cui testimonianze archeologiche ci hanno restituito protesi di legno e di pelle, forse segnale di un desiderio di sfruttare una primordiale tecnologia per migliorare la vita delle persone (ricche). Nonostante il Cristianesimo abbia promosso una visione inclusiva della disabilità e della sofferenza in generale, durante l’epoca medievale furono perpetrate, a volte anche dagli stessi pastori cristiani, una serie di ingiustizie e nefandezze. Soltanto l’ignoranza e la superstizione determinarono uno strano atteggiamento di benevolenza verso particolari categorie di svantaggiati: ai ciechi, incapaci di vedere il presente, fu attribuita l’abilità di vedere il futuro, la follia venne considerata condizione privilegiata per dialogare con gli dèi e gli affetti da nanismo o con vistosa gobba divennero ricercati divi al circo dei freaks, coccolati, venerati e strapagati alle corti dei signori. E la linea di demarcazione che separava i sani dal resto della popolazione si faceva sempre più netta con la nascita dei manicomi: il diverso andava emarginato e rinchiuso in apposite strutture. Il nuovo impulso trasmesso alle opere di carità dal quel movimento che nell’insieme fu denominato Riforma cattolica (o Controriforma) investì anche la disabilità. I santi post-tridentini e le loro opere furono tutti presi da grande magnanimità sociale. Con l’avvento dell’Età dei Lumi, la disabilità divenne oggetto di studi, fu medicalizzata e categorizzata in curabile e non curabile. La spinta della Rivoluzione industriale dell’Ottocento spazzò via molti pregiudizi: la medicina cercò di curare, raddrizzare, rieducare. L’evoluzione della scienza chimica e l’ausilio delle macchine aprirono nuove prospettive d’indagine.


ART. 24 CCNL 2016 COMUNITÀ EDUCANTE
la scuola è una comunità educante di dialogo, di ricerca, di esperienza sociale, informata ai valori democratici e volta alla crescita della persona in tutte le sue dimensioni. In essa ognuno, con pari dignità e nella diversità dei ruoli, opera per garantire la formazione alla cittadinanza, la realizzazione del diritto allo studio, lo sviluppo delle potenzialità di ciascuno e il recupero delle situazioni di svantaggio, in armonia con i princìpi sanciti dalla Costituzione e dalla Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia, approvata dall’ONU il 20 novembre 1989, e con i princìpi generali dell’ordinamento
10
Le polarità si calamitarono attorno all’assistenza e alla repressione. Nell’affresco dei normali – ebbe ad esclamare il filosofo e sociologo francese Michel Foucault – domina l’apparato di potere che produce esclusione. Proprio l’introduzione delle macchine nei meccanismi di produzione fece accrescere i primi disabili fisici, la cui invalidità veniva causata proprio dai nuovi mezzi. La ricerca scientifica si impegna anche sul versante dei disabili, con tutta se stessa; soltanto per fare un esempio: nel 1866 il medico inglese John L. Down identifica un tipo specifico di sindrome della disabilità intellettiva che oggi spesso viene descritta con il suo nome. Laddove può, la scienza cura, laddove non può, arriva un destino fatto di emarginazione e stigma, a volte accompagnate da primordiali forme di quella che oggi identificheremmo come previdenza sociale. Curiosamente, il XIX secolo offre numerosi spunti di commistione con il mondo dell’arte in generale. Vedono la luce alcune opere nelle quali i protagonisti disabili trovano la loro collocazione definita; giusto per fare qualche esempio: Notre-Dame de Paris di Hugo (1831), Rigoletto di Verdi (1851), L’idiota di Dostoevskij (1869), Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde (1886). Sul finire dell’Ottocento si colloca la figura di Maria Montessori, la cui cinquantennale esperienza avvia un importante processo di cambio di prospettiva: la disabilità comincia ad essere approcciata con metodi pedagogici basati sul rispetto e l’incoraggiamento come motori del rapporto educativo. Nasce così la pedagogia speciale. La fine della Prima guerra mondiale segna un elevatissimo numero di disabili di svariata natura, circa otto milioni tra mutilati, ciechi e i cosiddetti “scemi di guerra”, soldati reduci o estraniati, ritornati dalla guerra con gravi disturbi mentali. I totalitarismi tra i due conflitti espressero il peggio dell’essere umano. Il 23 maggio 1932 l’onorevole Alessandro Guaccero esponeva al Senato del Regno il suo discorso sulle Idealità umane del governo fascista per l’assistenza agli storpi, paralitici e mutilati, annunciando provvedimenti legislativi sempre più complessi, volti a gettare i canoni fondamentali della ricostituzione del popolo italiano nei suoi effettivi standard biologici; l’obiettivo celato era la selezione e il miglioramento della razza. L’olocausto nazista avvierà una vera e propria campagna di eliminazione fisica delle persone con disabilità, classificate incompatibili con il culto della razza. Il folle progetto prese il nome di Aktion T4, un vero e proprio programma di eutanasia che prevedeva la soppressione di persone con malattie genetiche inguaribili e portatori di handicap mentali, a detta delle gerarchie “vite indegne di essere vissute”. Si stima che il programma abbia portato all’uccisione di un numero compreso tra le 60mila e le 100mila persone. Dal secondo Novecento in poi l’impatto della disabilità sulla società si è completamente trasformato. Dopo la Seconda guerra mondiale vennero avviate meravigliose esperienze di integrazione tra disabili 


11
e società favorendo il rapporto con la natura e lo sport. Tra queste spicca quella del villaggio inglese di Stoke Mandeville che fin dal 1948 organizzava competizioni sportive per veterani di guerra e disabili con diverse menomazioni. L’esperienza proseguì con dei giochi organizzati proprio a Roma nel 1960, in concomitanza con la XVII Olimpiade e per questa ragione si guadagnò l’appellativo di “Paraolimpiade”. L’impatto della tecnologia e la comprensione che la disabilità come fenomeno trasversale a tutti i ceti sociali al di là delle classi e delle stratificazioni alimentò anche la Costituzione italiana del 1948 e, più in generale, tutto il Welfare, promuovendo una normativa sempre più paritaria e inclusiva, dando grande impulso all’associazionismo e al volontariato. Risale al 1970 la formulazione della classificazione della disabilità realizzata dall’OMS all’interno della International classification of diseases, la quale, pur restando uno strumento di classificazione di tipo sanitario, sposta l’attenzione sulla multidimensionalità della persona. La Convezione sui diritti delle persone con disabilità promulgata dall’ONU nel 2006 è forse la punta finale di un percorso lunghissimo di angherie ma anche segnale di un iniziale ribaltamento. Tale Convenzione, a partire dalla considerazione della diffusa condizione di discriminazione di cui sono oggetto le persone disabili, costituisce l’espressione di maggiore sensibilità ed equilibrio nella dialettica tra le lacune dello Stato sociale e l’attivismo delle associazioni. Ratificata all’unanimità dal Parlamento italiano il 3 marzo 2009, la Convenzione si richiama specificamente ai principi della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1948, ed è una pietra miliare nel lungo percorso di compensazione del debito simbolico.


12
SGUARDO TEOLOGICO
Il Figlio, assumendo la natura umana, ha “rivelato” (GV 1.18)  il Padre, che nessuno ha mai visto;  come Parola fatta carne rivestito  l’ineffabile con categorie umane, ma in modo tale che attraverso tutte le comprensioni trasparisse Dio, che per essenza è incomprensibile. Ma poiché la figura di Gesù è un'immagine concreta, chiara per i nostri sensi animati dalla fede, in lui si concentrano le concezioni di Dio, molteplicemente divergenti per formare un'unità reale. Dio, l'eterno inafferrabile, viene incontro a noi come un “Dio della prossimità”, che tuttavia non sarebbe Dio se non restasse anche un “Dio della lontananza” (Ger 23, 23). Gesù non avrebbe rivelato il Padre, come sua Parola, se avesse parlato solo della sua immanenza e non anche della sua trascendenza, e precisamente, in riferimento a tutta la sua vita, se non avesse detto contemporaneamente come Dio è nello stesso tempo e noi e al di sopra di noi, vicino e lontano, afferrabile e sfuggente. Gesù deve insegnare che “mentre noi conosciamo Dio visibilmente, per mezzo suo veniamo rapiti all'amore delle cose invisibili” (Prefazio di Natale). E Dio stesso non è una via di mezzo tra l’immanenza e trascendenza; la sua radicale immanenza manifesta a noi la sua trascendenza assai più grande: da questa, dal suo essere-Dio-in-sé, egli è immanente nella natura, e si abbassa con la grazia, la fedeltà e l'alleanza eterna fino al quasi-niente che noi siamo (H. U. VON BALTHASAR, Gesù e il cristiano, Jaca Book 1998, pag. 329-330).
Gli auguri di Natale del 2020 desideriamo affidarle alla riflessione del noto teologo Svizzero Von Balthasar, che ha saputo sintetizzare in modo originale la vicinanza di Dio alla condizione umana.
Adorazione dei Pastori di B. E. Murillo (1650-1655)
Auguri di  un Santo Natale e un 2021  sereno


13
Continua da pagina 4 fzionale, pongono gli Idr ad assumere spesso posizioni di coordinamento o responsabilità in qualità di referenti BES all’interno delle scuole per la definizione dei vari curricula di Istituto. Quello che purtroppo ancora manca è la possibilità che i referenti territoriali per l’Inclusione, così come i collaboratori dei Dirigenti Scolastici, individuati  tra i docenti di religione, possano adempiere la loro funzione con le stesse prerogative garantite ai docenti delle altre discipline. La legge 107/2015 esclude questa particolare categoria di professionisti della scuola da alcuni diritti previsti per altri. L’esonero dal servizio, per esempio,  non è possibile in quanto non è previsto l’organico potenziato per l’IRC. Non si tratta di chiedere un privilegio ma di valorizzare le competenze professionali del docente di religione, il quale si mette a disposizione dell’intera Comunità Educante. Spesso si tratta di docenti, Incaricati Annuali, che vincolati da una condizione endemica di precariato, vengono esclusi dalla possibilità di condividere i propri talenti, paradosso di una scuola inclusiva.
VITA SINDACALE
di REDAZIONE
COMUNICATO STAMPA SULLA FIRMA INTESA CEI - MI 14/12/2020
Richiesta incontro/informativa urgente. Procedura di assunzione docentiprecari di religione settoreinfanzia/primaria e secondaria di I e II grado–art.1bis legge 159/2019.
clicca sui singoli articoli e sarai indirizzato alla pagina web corrispondente
Per la UIL Scuola va posta attenzione alla risoluzione del precariato, con un concorso per soli titoli oppure che preveda prove non selettive e graduatorie ad esaurimento regionali su base diocesana.
CONCORSO DI RELIGIONE - RICHIESTA UNITARIA
CONCORSO DI RELIGIONE - PUBBLICATO IL TESTO DELL'INTESA
Pubblicata in data 16 dicembre l’intesa tra il Ministero dell’Istruzione e la Conferenza Episcopale Italiana per il Concorso di Religione.
INCONTRO INFORMATIVO: "DOCENTI DI RELIGIONE: DALL'INTESA AL BANDO DI CONCORSO"
Approfondimento sull'Intesa. Videoconferenza 23 dicembre ore 10 sul nostro canale YouTube: UlL Scuola IRC


14
DAL SITO WWW.UILSCUOLA.IT
clicca sui singoli articoli e sarai indirizzato alla pagina web corrispondente
Più investimenti per arginare la povertà educativa
Sappiamo tutti che la povertà è un fenomeno multidimensionale che non può essere ridotto alla sua componente strettamente economica. L’idea che ogni essere umano abbia diritto a godere dei livelli essenziali di un insieme di beni primari necessari al suo sviluppo personale e alla sua inclusione sociale ha consentito di porre un argine alle disuguaglianze economiche.
Dall'attesa dell'esito del tampone, al contact tracing; dalle misure in caso di contratto stretto e di convivente; la condizione del lavoratore riconosciuto in situazione di fragilità, i periodi di malattia e le visite fiscali. Il punto nella scheda Uil Scuola.
Lavoratori fragili e quarantena: ecco le disposizioni in atto
Turi: contratti triennali per stabilizzare il personale
Valori e cambiamento sono le parole chiave: i valori sono quelli sanciti dalla Costituzione, che ci offre un modello di scuola ‘comunità’ che va salvaguardato e perseguito.
Turi: la libertà di insegnamento è elemento costitutivo della nostra tradizione scolastica
La libertà di insegnamento rappresenta l’elemento costitutivo della nostra tradizione scolastica – precisa Turi – nata dalle ceneri del fascismo e che ha assicurato democrazia e partecipazione al paese.


ESPERIENZE
15
SCUOLA IN OSPEDALE
L'esperienza di due docenti


di MONICA BERGAMASCHIdocente nella Secondaria di II grado
Per parlare di inclusione, allargando l’orizzonte oltre i confini dei muri scolastici, abbiamo la fortuna di fare una chiacchierata con Cristina Zanotti, insegnante dell’infanzia presso la scuola in Ospedale di Pavia e Izzo Girolama irc presso la stessa struttura ospedaliera. -Cristina, come è iniziata e si è evoluta l’esperienza della scuola in Ospedale al policlinico San Matteo di Pavia? -La scuola in ospedale a Pavia ha il suo inizio nel 1973, quando una maestra di scuola elementare, in modo del tutto volontario, iniziò a frequentare il reparto di pediatria per seguire i bambini ricoverati nei compiti. Nel 1981, quando venne aperta la nuova Clinica Pediatrica, il primario di allora, il prof Roberto G. Burgio e la Direttrice Scolastica del 1° circolo didattico, scuola Carducci, dott.sa Piera Capitelli, istituirono la prima scuola statale: una multiclasse elementare e una sezione di scuola materna. Il desiderio di statalizzazione fu mosso dalla particolare formazione richiesta alle insegnanti e permise di garantire la presenza di due maestre alla materna che offrissero un maggior tempo scuola. Nel corso dei decenni la scuola si è estesa, oggi la sua offerta formativa raggiunge tre reparti della clinica:
16


17
il reparto di Pediatria degenza con una docente di infanzia e una docente di primaria; il reparto di Oncoematologia pediatrica e trapianto di midollo con una docente di Infanzia e due docenti di primaria che intervengono anche al Day Hospital; il reparto D.H. e ambulatorio di Oncoematologia pediatrica con una docente di infanzia. Nei primi anni del 2000 con un progetto ministeriale sono stati inseriti i due ordini mancanti, la secondaria di primo e secondo grado, oggi presenti con tre cattedre per ss1 e quattro cattedre per ss2, inoltre sono stati creati accordi di rete per poter offrire tutti gli insegnamenti specifici degli istituti superiori agli alunni pazienti adolescenti. Oggi la Scuola in ospedale è inserita nell’IC di via Angelini e nell’istituto superiore Volta di Pavia. -A quale esigenza risponde l’idea della scuola in ospedale? -Deve rispondere alla richiesta di presenza dell’istituzione per combattere la dispersione scolastica. Un alunno assente da sempre è un allievo di cui la scuola non si preoccupa se non al momento del suo rientro in classe, andando a scontrarsi con tutte le lacune nella sua preparazione. La scuola, con la sua presenza in un luogo non prettamente organizzato per contenerla, si é inserita nella struttura ospedaliera tanto da diventare parte integrante della terapia. La scuola in Ospedale lavora perché l’alunno possa mantenere il contatto vivo con la sua scuola di appartenenza, favorendo apprendimento e formazione. - Mina, ci puoi raccontare il tuo lavoro di Idr in ospedale? La mia esperienza come insegnante di religione nel reparto di oncoematologia pediatrica è iniziata sette anni fa, con tanti dubbi sulla mia effettiva capacità di rapportarmi con i bambini malati.


18
Questa avventura mi ha arricchito tantissimo dal punto di vista umano, facendomi conoscere persone stupende che quotidianamente affrontano con dignità e pazienza la malattia. -Come articoli il tuo programma? -Dal punto di vista della didattica utilizzo un piano di lavoro mirato per ogni singolo alunno, sono infatti presenti bambini di età e provenienze diverse. Punto molto l’attenzione al recupero del benessere psicofisico dei bambini e lavoro sul bisogno che hanno di sentire che qualcuno si prenda cura di loro, così da vivere una certa normalità. L’obiettivo inclusivo della scuola in ospedale  è proprio quello di far sentire i bambini a proprio agio, riproducendo i ritmi di vita quotidiana: amici, affetto, scuola, gioco. Cerco di dare un messaggio di speranza, del resto l’insegnamento della religione ben si presta al raggiungimento di questo obiettivo, anche attraverso una didattica ludica che tanto piace ai bambini. -Come affronti emotivamente le sfide della tua professione in questo contesto particolare? L’insegnamento in ospedale è una grandissima emozione, che si rinnova e cambia ogni giorno, permettendomi di scoprire gli aspetti più sorprendenti dell’animo umano, ciò comporta anche un continuo lavoro su se stessi per cercare un giusto approccio alla sofferenza. - Cristina, cosa è accaduto alla scuola in Ospedale in questo tempo di Pandemia? -Dal 24 febbraio 2020, con la pandemia, la scuola in ospedale ha vissuto lo stesso percorso delle altre scuole: attività in DAD, collegamenti personali con le famiglie e i bambini e ragazzi. Alla riprese delle attività scolastiche, nel mese di settembre, la scuola in ospedale pavese è rimasta chiusa, malgrado la disponibilità delle aziende ospedaliere a condividere protocolli specifici a tutela di bambini e ragazzi ricoverati e degli operatori coinvolti. Attualmente viene attivata solo la DAD per gli alunni della secondaria di primo e secondo grado e per i ricoveri lunghi della scuola primaria. La pandemia rappresenta così una ulteriore condizione di dispersione scolastica. Da parte mia è sentito l’augurio, per noi docenti, di poter tornare a ricoprire la professione per cui da tanti anni stiamo costruendo una competenza che ci contraddistingue.
L’inclusione si manifesta nello spalancare le braccia per accogliere senza escludere
Papa Francesco


APPROFONDIMENTO
______________
19
PAROLE POCHE ED USURATE
La parola del docente e dell'uomo per non perdere la coralità


“I ragazzi sentono il bisogno assoluto di non essere chiusi in un solo argomento … di poter spaziare, e lo facevano …:- Cosa si deve fare davanti al Covid? Io non so niente, io non so queste cose, ma una cosa la so. So che i ragazzi … perdono completamente la coralità. La prima cosa della scuola è la coralità”. (Roberto Vecchioni,  Intervista RAI TG3, 27 Ottobre 2020, qui ).
di MARCELLO GIULIANOdocente  nella scuola primaria
20
C’è un bel libro, ‘Il libraio di Selinunte’, scritto da Vecchioni formatosi all’Università Cattolica negli anni settanta, per trenta docente di lettere classiche nei licei, accademico in diverse università con corsi di poesia e musicologia. Egli coglie un grave dramma. In quel paesino sperduto, Selinunte, il più grande parco archeologico d’Europa e che ormai non esiste come paese, si erano perse le parole, anche, ohimè, quelle che esprimevano l’amore, la sua bellezza ... finché, un giorno, giunse uno strano libraio, che non vendeva libri, ma li leggeva ad alta voce ... L’Autore scopre che il collasso della parola non è solo estetico, ma incapacità di espressione, soprattutto, segno che mancano i pensieri, la possibilità di pensare. Noi perdiamo le parole perché non studiamo? No! Non pensiamo più che anch’esse possano essere belle.
Immagine e testo, se ben letti, rivelano un ossimoro (Foto Faini Mario in sali di argento)


Abbiamo timore che le parole siano false, siano ‘in-utili’, astratte. Astratte e, quindi, non vere, perché sarebbe vero solo quello che si tocca, che è misurabile, facilmente rappresentabile e, soprattutto, monetizzabile. I bambini, invece –e il cuore dell’artista è sempre un po’ bambino-, sentono, per esempio, la verità dell’impalpabile amore dei genitori. I sentimenti e la verità sono astratti. Ed ogni cosa concreta, quando diventa a noi nota, entra in noi mentre viene conosciuta nel processo di astrazione. Essa è fuori del corpo e della mente, ma noi la conosciamo per un continuo e regolare processo di astrazione.   Le parole non sono concrete. Concreti sono i segni scritti, o i suoni emessi, le misurabili onde acustiche. Ma i suoni sono riconosciuti come parole solo quando la nostra anima li ‘ri-conosce’ nelle parole, e non quando vengono registrate e riprodotte. Le mie astratte parole, sempre astratte, astrattissime, sono capaci di toccare con delicatezza, più che il vento le foglie, o di ferire e uccidere più che una lama a doppio taglio.Intensità della parola! Credo che potremmo parafrasare così quelle parole di Agostino, che della parola era maestro: “Tardi vi amai, parole così belle, così antiche e così nuove, tardi vi amai. Sì, perché voi eravate dentro di me e io fuori, senza di voi, e non sapevo dare nome ai pensieri. Ma se non avessi conosciuto le parole, come avrei potuto pensare i pensieri? Se i pensieri sono privi di parole, non possono affiorare, né organizzarsi, né essere espressi.
Ins. Irene Carminati
21
Hendrikter Bruggen, Eraclito di Efeso, 1628, Reijksmuseum, Amsterdam
Le parole portano i pensieri (cf Umberto Galimberti, conferenza tenuta all’ Università del Salento, La Busacca, il 6 marzo 2015 dal titolo ‘La bellezza integrale’). Lo stesso Galimberti nel suo ‘La parola ai giovani: dialogo con la generazione del nichilismo attivo’ afferma che dal 1976 al 1996 il lessico medio da 1.600 lemmi sarebbe sceso a 640 e anche meno. Purtroppo non v’è traccia di riferimenti alla ricerca del grande linguista Tullio De Mauro cui accenna. Ma l’erosione della parola è, tuttavia, sotto i nostri occhi. Quando parlo con un giovane me ne accorgo ed anche se ascolto gli adulti. Potremmo parlare di omogeneizzazione del linguaggio operata dalla televisione, dalla messaggistica on line nelle sue più diverse forme. Rari i momenti in cui ci dedichiamo alla riflessione e limatura delle parole, per la stesura di un testo scritto, o la preparazione di


un discorso, spesso sostituito da comodi ‘brainstorming’. In greco, λόγος, lógos, e in latino ‘verbum’, ‘parola’ è un lemma dalla doppia accezione: ‘parola’ che si articola nel discorso, e si confronta con altri lemmi, e ‘pensiero’, che si esprime nel lemma ‘parola’, propriamente detto. Se per Eraclito di Efeso la ragione è principio universale di razionalità e del divenire, e per l’Ateniese Platone indica il procedere del pensiero, nella cultura alessandrina, greca e biblica, esso diviene potenza divina mediatrice tra Dio Creatore ed il molteplice. Nella cultura cristiana, fondata per questo aspetto nel Prologo giovanneo, il Verbo è Persona divina. Pensato eternamente dal Padre, espressione e immagine del Padre, una cosa sola con il Padre, ‘che opera sempre’ (Gv 5, 17) e sempre ascolta il Verbo (Gv 11, 42), sia come Verbo preesistente, che disceso nella carne. La Parola è ‘fonte’ e ‘azione’, ‘essere’ in sé e partecipazione nel movimento. Così avviene ordinariamente in chi pensa e parla, pur senza saperlo, ad immagine di Dio. ‘Penso’ mediante la parola (che corrisponde al Figlio). Pronunciandola, manifesto il pensiero (Logos, che è il Figlio) e partecipo il pensiero a chi mi scolta o legge. Egli così a me si unisce nella risposta. Nel Tempo di Avvento, l’Ufficio delle Letture, -la Liturgia delle ore consacra il tempo all’eterno mistero della manifestazione divina-, i primi quattro testi patristici parlano, con Cirillo di Gerusalemme e Bernardo, di ‘due venute di Cristo’: la prima nella carne (umiliazione-Croce) e la seconda nella Gloria del Giudizio. Quando la Parola ‘si vela’ nell’incarnazione e nella morte, si copre nuovamente, si ‘ri-vela’, apparentemente scompare, si sottrae. Solo ora, nella morte del Dio-Uomo, diviene possibile la manifestazione della parola umana. È la notte silente del Natale, e, allo stesso tempo, è la notte del mondo, allorché si fece buio e silenzio! Gregorio Nazianzeno, nella lettura del martedì, s’intrattiene sul Verbo prima del tempo, prima del visibile, sul Principio che ha origine dal Principio. Il Verbo è origine del mondo creato nel Principio, che è il Padre. E, ancora Bernardo nella lettura del Mercoledì, alla prima e alla seconda venuta ne aggiunge una terza: la venuta intermedia. Essa avviene nel cuore, grembo della Parola-Verbo, come in Maria, che meditava tutte queste cose nel suo cuore (Lc 2, 19) e le conservava meditandole. Chi insegna scopre in queste venute una feconda ispirazione pedagogica, che si compie in tre tempi: il ritiro meditativo nel pensiero; la comunicazione ri-velativa nella comunicazione, silenzio-ascolto, lasciando parlare l’interlocutore (morte simbolica del maestro); l’attesa della risposta comunionale (comune-unione dei due) con l’ ‘alunno’. Ora egli può nascere. E a Natale, Gesù nasce perché ognuno nasca perché qualcuno si è innamorato degli “occhi aperti e dolci” (Vecchioni, intervista) di un alunno. Solo così la parola ‘inclusione’ non sarà solo una parola usurata, ma corale.
22


SCUOLA E TERRITORIO
23
ESPERIENZE INCLUSIVEdisabilità e IRC


24
di ANDREA ROBERTdocente  nella scuola secondaria di II grado
Che cos’è la “scuola inclusiva”? Cosa vuol dire essere inclusivi a livello scolastico? Penso che questa domanda ce la siamo fatta tutti, chi più e chi meno. Chi fa il nostro lavoro è chiamato ad accompagnare bambini, adolescenti e ragazzi profondamente diversi tra di loro per condizione sociale, capacità, intelligenza, voglia di fare, disagi fisici o psichici. Da questo punto di vista la scuola è un bellissimo spaccato della nostra società: è una comunità al cui interno sono presenti persone completamente diverse tra di loro. Cosa significa allora “essere inclusivi”? Insegno in un liceo e ho provato a chiederlo a qualche mio alunno: la scuola inclusiva è quella che «accetta persone con disabilità e di qualsiasi genere»; «cerca di rendere l’insegnamento uguale per tutti, trovando un modo di aiutare chi ha più difficoltà»; «valorizza le differenze facendo in modo che tutti abbiano la possibilità di studiare, perché la scuola deve creare una persona, non discriminarla e farla sentire a disagio»; «tutti hanno il diritto di poter esprimere i propri pensieri e il proprio modo di essere, sempre nel rispetto di tutti, e che ognuno ha il diritto di essere aiutato per poter dare il massimo di se stesso». L’elenco sarebbe lungo, hanno tanto da dire… non sempre gli studenti hanno la possibilità di essere parte attiva nell’inclusività, dal momento che il più delle volte – a mio avviso, ovviamente – vivono la scuola come destinatari e non come co-protagonisti. Eppure sono convinto che buona parte dell’inclusione a livello scolastico parta da loro. Noi insegnanti, per parafrasare san Paolo, siamo quelli che seminano e che irrigano il terreno, siamo quelli chiamati a fermarci a un passo dall’arrivo. Leggendo il racconto dell’esodo di Israele non si può non rimanere colpiti da un particolare: Mosè, il loro condottiero e il loro profeta più grande, non ebbe la possibilità di entrare nella terra promessa. Si fermò all’ultimo miglio, vedendo quella terra in lontananza. Questa cosa, che magari può anche sembrare crudele, rivela in realtà una profondissima verità pedagogica: chi accompagna qualcuno, chi fa da guida in un cammino, è poi chiamato a farsi da parte per far sì che possano essere gli altri a compiere il passo decisivo. Credo che anche per l’inclusione sia così. In una prima superiore di tre anni fa c’era una ragazza tetraplegica (che chiameremo Elisa): eccellente dal punto di vista scolastico, studiosa e volenterosa. Si è iscritta come non avvalentesi; a metà del primo anno ha chiesto di poter rimanere in classe a seguire le lezioni e a partire dal secondo anno ha modificato la sua scelta.


25
Per lei sono stati messi in campo tutti gli strumenti che conosciamo per far sì che la sua condizione non fosse di ostacolo al percorso scolastico, ma mancava sempre qualcosa: all’intervallo non aveva la possibilità di fare gruppo con le altre ragazze per parlare; non poteva andare alle macchinette a prendere la merenda; passare tra i banchi era un problema perché gli zaini, messi ovunque, intralciavano il percorso della carrozzina… anche qui l’elenco sarebbe lungo. L’anno scorso, parlando proprio della diversità, in accordo con lei l’ho presa proprio come esempio e il discorso è diventato improvvisamente concreto. La classe si è resa conto delle sue difficoltà pratiche (chi fa caso se lo zaino è messo accanto al banco?) ed è iniziato un percorso di inclusione “dal basso” che ha portato a un bellissimo cambiamento. Qualche settimana fa, durante una videolezione, quando abbiamo saputo che era il compleanno di una della classe ho proposto di andare a prendere delle patatine per festeggiarla a distanza. «O anche un succo», ho aggiunto, ricordandomi che per Elisa è molto più semplice bere che mangiare. Ed è successo che tutta la classe, senza che nessuno dicesse niente o che esplicitasse questo motivo, ha preso il succo di frutta – Elisa compresa. Tutti a distanza, tutti dietro a uno schermo, ma con la coscienza di essere tutti appartenenti al medesimo gruppo classe. Ed è in casi come questi che ci si rende conto che la scuola, per essere inclusiva, ha bisogno anche dell’apporto dei nostri studenti…
Vuoi condividere un'esperienza didattica, una riflessione, un tuo studio? collabora con noi, scrivi a: redazione@agorairc.it


26
SCUOLA E TERRITORIO
Il ruolo dell’assistente educatore nelle ore di IRC


27
di GIUSEPPE ESPOSITOdocente nella Secondaria di II grado
In collaborazione con Luisa Scasserra, Assistente Educatrice
Nel pensiero comune spesso si ritiene che disabilità e scuola facciano fatica a coniugarsi, soprattutto quando i ragazzi presentano delle patologie gravi. La presenza in classe di un disabile non vuol dire necessariamente inclusione. Giocano un ruolo importante la figura dell’insegnante della disciplina, e nel caso di forti disabilità, anche quella dell’insegnante di sostegno e/o dell’assistente educatore. Ci sono poi delle discipline che più si addicono a incentivare un’inclusione vera e propria, e sono quelle "meno tecniche". L’ora di IRC è una di queste e nel caso di gravi disabilità gioca un ruolo importante anche l’assistente educatore. Infatti, questa figura ha il compito di intermediario tra il ragazzo, la classe e l’insegnante, ma in modo particolare è con quest’ultimo che l’educatore deve confrontarsi e creare un percorso personalizzato per il proprio ragazzo. Si tratta quindi di collaborare per un progetto: l’itinerario è quello della classe ma date le difficoltà (fisica, linguistica, verbale, uditiva... sono veramente tante le disabilità che possono avere questi ragazzi) occorre predisporre un percorso personalizzato e non individuale come tanti pensano. Ed ecco quindi che, ad esempio, il tema delle religioni preistoriche può trasformarsi in un laboratorio manuale di piccolo gruppo con la costruzione di una Stonehenge in miniatura oppure nella creazione di graffiti preistorici fatti con i pennarelli. Con ciò non si sminuisce la materia o l’argomento trattato, ma si favorisce l’inclusione e il coinvolgimento del ragazzo con disabilità all’interno del gruppo classe ponendo particolare attenzione al suo essere persona nel gruppo. Durante la rappresentazione più teorica degli argomenti, l’assistente educatore invece deve cercare di calare i contenuti in modo più semplificato o più “attraente” per il ragazzo. Anche qui l’obiettivo non è un banalizzare ciò che si sta facendo, bensì supportare il lavoro dell’insegnante con indicazioni, immagini, testi... che permettano al ragazzo di essere e sapere come i suoi compagni. E infine, perché non “valutare” anche loro? Alla fine, anche se con modalità diverse, hanno lavorato con il gruppo e sulla stessa tematica. Un quaderno può ripercorre il lavoro che essi compiono accompagnati dall’educatore e, mettendo in atto la modalità più adeguata, può essere anche possibile proporre semplici verifiche, domande, interrogazioni. Una soddisfazione e gratificazione non solo per lo studente, ma anche per gli stessi genitori.


28
L'INTEGRAZIONE SCOLASTICA LEGGE 104/1992 ART. 13
1. L'integrazione scolastica della persona handicappata nelle sezioni e nelle classi comuni delle scuole di ogni ordine e grado e nelle università si realizza, fermo restando quanto previsto dalle leggi 11 maggio 1976, n. 360, e 4 agosto 1977, n. 517, e successive modificazioni, anche attraverso: a) la programmazione coordinata dei servizi scolastici con quelli sanitari, socio-assistenziali, culturali, ricreativi, sportivi e con altre attività sul territorio gestite da enti pubbici o privati. A tale scopo gli enti locali, gli organi scolastici e le unità sanitarie locali, nell'ambito delle rispettive competenze, stipulano gli accordi di programma di cui all'articolo 27 della legge 8 giugno 1990, n. 142. (....) 3. Nelle scuole di ogni ordine e grado, fermo restando, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, e successive modificazioni, l'obbligo per gli enti locali di fornire l'assistenza per l'autonomia e la comunicazione personale degli alunni con handicap fisici o sensoriali, sono garantite attività di sostegno mediante l'assegnazione di docenti specializzati. 2. Per le finalità di cui al comma 1, gli enti locali e le unità sanitarie locali possono altresì prevedere l'adeguamento dell'organizzazione e del funzionamento degli asili nido alle esigenze dei bambini con handicap, al fine di avviarne precocemente il recupero, la socializzazione e l'integrazione, nonché l'assegnazione di personale docente specializzato e di operatori ed assistenti specializzati. (....) b) la dotazione alle scuole e alle università di attrezzature tecniche e di sussidi didattici nonché di ogni altra forma di ausilio tecnico, ferma restando la dotazione individuale di ausili e presìdi funzionali all'effettivo esercizio del diritto allo studio, anche mediante convenzioni con centri specializzati, aventi funzione di consulenza pedagogica, di produzione e adattamento di specifico materiale didattico; a) la programmazione coordinata dei servizi scolastici con quelli sanitari, socio-assistenziali, culturali, ricreativi, sportivi e con altre attività sul territorio gestite da enti pubbici o privati. (....)


DIRITTI & DOVERI
LA RICOSTRUZIONE DI CARRIERA & SCHEDA INTESA CONCORSO
SCHEDE A CURA DI PASQUALE NASCENTI
29


30


Vuoi costituire un Coordinamento IRC nella UIl Scuola nella tua regione e/o provincia? Chiama o scrivi in whatsapp al 3208937832.
NUMERO VERDE(GRATUITO DA TUTTI I TELEFONI) 800 820 776
I SERVIZI
Consulenza Contrattuale
Consulenza Legale Assistenza fiscale (sedi caf uil e Italuil patronato) Assistenza per le pensioni Ricostruzioni e progressioni di carriera(docenti di ruolo e incaricati annuali) Diritti in merito alle Assenze e ai Permessi (maternità-paternità-malattia...)Corsi di aggiornamento e formazioneAssicurazione a tutela della  professione docenteServizio per il Riconoscimento dei Titoli Pontifici...e molto altro
SEI UN DOCENTE O SUPPLENTE E HAI BISOGNO DI INFORMAZIONI O ASSISTENZA?
COMPILA IL MODULO O PRENOTA UN APPUNTAMENTO ANCHE IN VIDEO CONFERENZACLICCA SU